giovedì 22 ottobre 2009

Inchiesta Herbalife Alimentare

Alla ricerca della formula magica alimentare, che permetta di vivere più a lungo e sani. Ancora oggi solo il 59% degli italiani se ne preoccupa, nono-stante gli appelli dei medici. Infatti secondo un'inchiesta dell'Istituto di ricerche demoscopiche Swg, promossa da Herbalife, il 38% degli intervistati si autogestisce, con una dieta fai-da-te. La maggioranza degli uomini affida soprattutto allo sport l'inossidabilità della forma fisica. Invece il 61% delle donne preferisce fare piccoli pasti frequenti, ipocalorici e con abbondanza di frutta e verdura: in linea con le teorie mediche più accreditate.


Vegetariani e dintorni 
Sotto il microscopio della scienza c'è soprattutto l'alimentazione senza carne che da alcuni viene indicata come salutare e da altri criticata. È più che mai necessario un distinguo in quanto esistono diversi modelli vegetariani, a differente impatto sui fattori di rischio delle patologie degenerative e sulla prevenzione dell'aterogenesi. Per valutare quale tipo di dieta beef-free potrebbe ritardare il processo d'invecchiamento, l'Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l'Associazione Vegetariana Italiana, ha in corso lo studio "Effetti cronici dei regimi vegetariani sul metabolismo", come spiega Riccardo Trespidi, responsabile del Comitato Medico Scientifico dell'Avi: "Nella prima fase, abbiamo selezionato 60 dei nostri affiliati al di sopra dei 30 anni di età, non fumatori, di preferenza vegani da almeno tre anni, che privilegiano alimenti crudi. Nella seconda fase, fino a novembre, effettueremo le analisi di laboratorio su ogni partecipante per avere un quadro del suo stato, dall'assetto ormonale al metabolismo glicidico-osseo". Tre i gruppi a confronto: uno di non vegetariani, un altro di persone ad Hvd (Healty Vegetarian Diets) e l'ultimo di vegetariani Uv (ovvero a dieta non equilibrata). "Lo scopo dello studio è anche quello di accertare eventuali errori nutrizionali a cui possono andare incontro alcuni di noi, a prescindere dalle carenze di ferro, calcio, vitamina B12 e altro, risolvibili con gli integratori", prosegue Trespidi. "In particolare, certi latto-ovo-vegetariani non sono un buon esempio per combattere l'obesità e le malattie perché indulgono a cibi grassi, zuccherini e ipercalorici. Le diete, nel termine stretto, sono superate e inefficaci, dato che prima o poi vengono sospese. Il nostro studio vuole proporre uno stile alimentare duraturo per migliorare l'aspettativa di vita". I vegani crudisti sono al centro anche di altre indagini, come quella riportata da Archive Internal Medicine che, visti i risultati inaspettati, prevede ulteriori accertamenti. È documentato che la perdita di peso e un basso indice di massa corporea sono associati a una ridotta massa ossea e a un maggior rischio di fratture. Eppure i seguaci del raw food veg, con limitato apporto di calorie e proteine, benché portatori di una bassa densità minerale ossea, non manifestano segni di aumento del turnover dell'osso né di fratture.


Riduzioni Mirate 
Di contro, una certa "abbondanza" potrebbe proteggere dall'osteoporosi, anche se i meccanismi del fenomeno sono sconosciuti. Magra consolazione, dal momento che tutti i modi di alimentarsi "extra" sono all'indice per chi vuole assicurarsi la longevità. Il colpo più duro ai "junk food" è stato dato da Morgan Spurlock, prima con il suo diet-film Super Size Me e poi con il documento Non mangiate questo libro, edito da Fandango. Forse influenzato dalla fidanzata vegetariana, lo scrittore-regista, come si sa, si è prestato come cavia e in 30 giorni di assidua frequentazione dei fast food è ingrassato di 12 chili, con gravi ripercussioni su sangue, cuore e fegato. La sua denuncia contro un'alimentazione superficiale e monotona ha dato i frutti, come ha affermato lui stesso: "La provocazione ha posto una serie di quesiti e di problemi, fra cui la dipendenza da hamburger e affini nei consumatori. Adesso molti ragazzi mi confessano di aver dimezzato le visite ai fast food, da quattro a due settimanali". Tuttavia anche Spurlock non disdegna i locali del genere, pur limitandosi a una sola incursione mensile. 
Ma per arrestare i guasti del tempo sarebbe "imperativo" essere sempre morigerati a tavola e ridursi alla fame vita natural durante. Innumerevoli ricerche americane hanno dimostrato, per il momento sugli animali, dagli insetti ai ruminanti, che la riduzione calorica fa diminuire il rischio di diabete e di danni alle arterie. Nei ratti, alimentati con due terzi di calorie, rispetto a quelle raccomandate, la vita aumenta del 30% e la pelle rimane più giovane, probabilmente per una maggior quantità di collagene e di fibre e un'attività superiore dei fibroblasti, collegati all'elasticità cutanea. "Più alto è il metabolismo e più ossigeno impiega l'organismo, con formazione di radicali liberi", spiega il professor Eric Ravussin del Centro di Ricerca Biomedica Pennington di Baton Rouge a Los Angeles. "In questo modo vengono danneggiati i mattoni della vita (proteine, lipidi e Dna) da cui segnali genetici abnormi che causano alterazioni cellulari fino al deterioramento degli organi e della pelle e all'incanutimento. La restrizione calorica diminuisce l'infiammazione, responsabile di patologie come artrite e infarto, e i fattori di crescita ormonali, che promuovono la proliferazione delle cellule maligne". Nell'uomo, i vantaggi del taglio alle calorie non sono ancora comprovati e, per alcuni studiosi, il metodo non è privo di controindicazioni poiché un metabolismo al di sotto della norma potrebbe provocare irritabilità e depressione e i bassi livelli ormonali infertilità e osteoporosi. Arduo poi mantenere il passo ipocalorico nel tempo perché il corpo è debole e le tentazioni gastronomiche forti. Anche di fronte al dimagramento e al recupero del benessere, i più si arrendono, senza per questo perdere del tutto i benefici acquisiti, secondo una scuola di pensiero italo-americana.


Equilibrismi tra gli ormoni 
La testa di ponte tra i due Paesi è Luigi Fontana, ricercatore del Reparto di Alimentazione, Nutrizione e Salute all'Istituto Superiore della Sanità e presso il Centro di Nutrizione Umana, Dipartimento di Medicina Interna, Divisione di Geriatria e Scienze Nutrizionali della Washington University di St. Louis negli Stati Uniti. A lui, antesignano delle indagini sulle diete ipocaloriche, si deve il progetto che coinvolge i vegetariani italiani. "Nel recente Convegno di Nutrigenomica a Cracovia, si è puntualizzato che il significato di "sano" non è ancora stato stabilito", riferisce Fontana. "Mentre si conoscono i fattori di rischio cardiovascolare, fra cui l'ipertensione, non abbiamo ancora quelli predittivi di cancro, facilmente rilevabili. Stiamo perciò cercando di capire chi gode veramente buona salute e ha più possibilità di vivere a lungo. Se un soggetto normopeso mostra adiposità addominale, è a parità di rischio di uno che pesa 120 chili. Pertanto bisogna individuare lo pseudo-sano che rivela disfunzioni metaboliche precoci, come i valori di glicemia a 105 o di colesterolo a 220, indicatori di una maggiore predisposizione a sviluppare ictus, diabete e altre malattie". In accordo con lo studio sull'invecchiamento dell'Istituto Nazionale della Salute di Baltimora, secondo il ricercatore, il grasso corporeo non è inerte, ma produce agenti chimici che favoriscono l'infiammazione e l'aterosclerosi e intervengono sul sistema immunitario; specifica Fontana: "I vegani presentano la condizione di chi vive più a lungo, ovvero una quantità inferiore di ormoni, ma superiore di quello Dhea". Negli Stati Uniti, gli studiosi si sono occupati delle diete "estreme", come quella crudista, a base di cibi germogliati, semi e noci. Per primi, gli americani hanno calcolato con un software i nutrienti indispensabili per una corretta dieta small, ottenendo negli individui più compromessi risultati positivi come la diminuzione del 40% della placca nelle carotidi e un rapporto ottimale tra colesterolo buono e cattivo. "Le calorie devono essere tagliate del 25% e, per evitare carenze, vanno ricavate per il 20-26% da proteine, il 28% da grassi e il resto da alimenti ad alto volume e basso potere calorico, come cereali integrali e legumi", sostiene Fontana. "Non si deve confondere la restrizione calorica con la malnutrizione da scarsità di cibo o con i disordini alimentari. Se si manifestano deficit, si può sospendere il regime ipocalorico in qualunque momento. Non vogliamo costringere a un'alimentazione punitiva ma dare informazioni e lasciare libertà di scelta. Per mediare, si possono eliminare prodotti raffinati, dolci e bibite e limitare il pesce a tre volte alla settimana e la carne a una volta al mese".


La giusta velocità 
In senso opposto vanno le diete di moda che per dimagrire e stare in forma prevedono un surplus di cibi proteici. "Prescrivere un pollo a pranzo e quattro etti di fesa bovina a cena è pericoloso, specialmente per l'apparato renale che potrebbe avere difficoltà a smaltire l'urea, scarto delle proteine", dice Maria Antonia Fusco, dell'Unità di Dietetica e Nutrizione Clinica dell'Ospedale San Camillo Forlanini di Roma e presidente dell'Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica). "Non si deve nemmeno demonizzare la carne o propagandare quella bianca a discapito dell'altra. La relazione carne rossa-cancro del colon deriva da studi improntati su chi mangia solo tale alimento, ma che non hanno preso in considerazione una dieta con verdure le cui fibre depurano l'intestino dalle scorie "animali". Quanto all'eccesso di lipidi, che stimola la cancerogenesi, la carne rossa italiana fornisce scarsi grassi, dal 2 all'8% in un etto". L'alimentazione dell'aspirante centenario dovrebbe essere varia, poco calorica e non troppo difforme dalla nostra tradizione, come suggerisce la specialista: "Una dieta iperproteica, per brevi periodi, può essere uno strumento terapeutico perché fa dimagrire rapidamente e serve da incentivo. Quella "relativa", dovuta a una riduzione dei carboidrati che automaticamente innalza la percentuale proteica, è raccomandabile ai sedentari i quali non bruciano i nutrienti dinamogeni e li trasformano in grasso". Come rifiuti finali, i carboidrati producono acqua e anidride carbonica, ma non tutti sono "innocenti". L'assillo attuale dei salutisti è l'Indice Glicemico, segnale della velocità di assorbimento del glucosio contenuto in un alimento, che più è alto e più è foriero di diabete, aterosclerosi, obesità e altre condizioni devastanti. "I cibi con I.G. basso hanno un minore impatto sulla glicemia perché, a lento assorbimento, offrono più tempo alle contromisure endocrine per tamponare il glucosio nel sangue", spiega Fusco, "ma l'I.G. va rapportato alla quota di carboidrati. La patata e la carota hanno entrambe un alto I.G. ma la seconda viene assorbita meglio perché ha solo l'1,5% di carboidrati contro il 55% dell'altra. Tre carote equivalgono a un cucchiaino di zucchero e l'I.G. di tre chili delle stesse viene ridimensionato dalle loro fibre che ostacolano l'assorbimento intestinale". 


1 commento:

  1. statistiche molto utili che fanno riflettere, e dimostrano come poca gente si prenda cura seriamente del proprio corpo.


    dimagrire rapidamente

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