martedì 10 novembre 2009

Il cioccolato: le prove di una droga?

Il cioccolato come l'alcool o la droga. Il nostro organismo costretto a subire crisi di astinenza paragonabili con quelle provocate dalla rinuncia al vino o all'eroina. A stabilire un possibile parallelo interviene uno studio della Boston University School of Medicine in collaborazione con l'Università La Sapienza di Roma.
I ricercatori americani, coordinati dagli italiani Pietro Cottone e Valentina Sabino, sono arrivati alla conclusione che cibi ricchi di grassi e zuccheri avrebbero effetti rilevanti sul nostro cervello, tanto da causargli modifiche simili a quelle derivanti dalla dipendenza da alcool o da droghe.
Pubblicato sulla rivista Pnas, lo studio propone una tesi secondo la quale una volta che il nostro organismo si è abituato a determinati sapori, non potrà che subirne la mancanza quando lo costringeremo a privarsene. È ciò che accade di frequente per chi si sottopone spesso a regimi alimentari molto rigidi per brevi periodi di tempo allo scopo di perdere peso, ma poi ricade negli antichi errori e si rifà con gli interessi.
Gli scienziati hanno studiato il comportamento di 155 topi da laboratorio, dividendoli in due gruppi. Al primo gruppo, sono stati proposti alimenti ricchi di grassi al sapore di cioccolato, mentre al secondo è stato somministrato cibo normale. In tal modo, hanno potuto verificare che i topi del primo gruppo, quelli “viziati” con il cioccolato, tornati a un'alimentazione normale manifestavano segni di nervosismo e rifiutavano il cibo, mentre fra gli altri topi non si notava alcun cambiamento.
Sottoposti ad esami, i cervelli dei topi del primo gruppo presentavano un'alterazione evidente dei livelli del gene CRF (Corticotropin-Realeasing Factor) nell'amigdala, ovvero la zona coinvolta nelle sensazioni legate al cibo. I livelli del gene incriminato tornavano alla normalità soltanto quando i topi ricominciavano a mangiare gli alimenti al sapore di cioccolato.
Il dott. Cottone osserva che il cambiamento continuo dei livelli del gene CRF ha permesso di comprendere “le cause dei ricorrenti fallimenti delle diete”. Ciò conduce il ragionamento dei medici a trovare una somiglianza fra i comportamenti dei topi dell'esperimento e quello di chi tenta continuamente e inutilmente di dimagrire, e di conseguenza, stabilito questo principio di dipendenza, anche con chi si sente “costretto” al consumo di droghe e alcool. 
Secondo la dott.ssa Valentina Sabino, infatti, “l’attivazione del CRF durante l’astinenza dai cibi più golosi induce uno stato emozionale negativo, responsabile dei segni di ansia e contribuisce alle ricadute nella morsa degli alimenti vietati. Lo stress sperimentato dai 'forzati' delle diete nella fase di astinenza dai cibi gustosi - conclude - ha delle somiglianze neurobiologiche con lo stato emotivo negativo di quanti dipendono da alcol e droga”.


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